Il Tradimento di Brann
Slyna, Rodrigo e Sasha si trovano sulla strada del ritorno dopo l’attivazione del diapason vicino a Murgen, nella regione del Mikopal. Slyna, esausta, dorme profondamente nella carriola trasportata da Rodrigo, mentre Sasha cammina all’indietro, come sua abitudine, accompagnandoli con la sua presenza singolare. Mentre avanzano, un anziano fabbro, che si presenta come Brann Torji, appare dal nulla lungo il percorso.
Brann dichiara di aver perso un prezioso carico di pietre in un crepaccio lì vicino e implora aiuto. In quel momento, il diapason di Slyna emette una vibrazione intensa, ma nessuno la nota, poiché lei è ancora addormentata. Sasha, spinto dal suo altruismo e dalla convinzione che sia giusto aiutare l’anziano, si offre di calarsi nel crepaccio per recuperare le pietre. Tuttavia, appena Sasha scende utilizzando una fune, Brann rivela le sue vere intenzioni: taglia la corda, lasciando Sasha in bilico, aggrappato al bordo del crepaccio. Impossibilitato a risalire da solo, Sasha rimane intrappolato. Brann, nel frattempo, punta il suo coltello verso Rodrigo, intimandogli di abbandonare la carriola e i suoi contenuti. Rodrigo, terrorizzato dalla minaccia e dagli ululati di lupi che risuonano nei dintorni, fugge velocemente, lasciando Slyna sola con Brann.
Brann si avvicina alla carriola con l’intento di rubare il diapason di Slyna. Ma proprio mentre si avvicina, Slyna si risveglia di colpo. Ancora confusa, percepisce immediatamente il pericolo e, grazie alla forza acquisita durante la sua recente sfida, reagisce prontamente. Afferra una bottiglia di porto che Rodrigo aveva portato come regalo per la sua cameriera alcolizzata e colpisce Brann con tutta la sua potenza. Il colpo alla testa è talmente violento che l’anziano crolla a terra, frastornato, e, pur non ferito gravemente, è costretto a ritirarsi, lasciando Slyna sola ma al sicuro.
Con il pericolo scongiurato, Slyna si avvicina al crepaccio e cerca un modo per aiutare Sasha, che le spiega di non riuscire a vedere gli appigli per risalire. In un atto di ingegno, Slyna raccoglie il rimasto di porto nella bottiglia e, utilizzando un acciarino, lo incendia insieme a delle pagliuzze e a dei legni trovati nelle vicinanze. Questo piccolo falò illumina l’interno del crepaccio, permettendo a Sasha di individuare i punti di appoggio e risalire con sicurezza.
Anastasia e il mistero dell’orologio a cucù
Dopo essersi sistemata nella casa della nonna, Anastasia approfitta di un momento di tranquillità per farsi una doccia e recuperare energie. La casa, piena di antichità e cimeli del passato, sembra sospirare storie ad ogni angolo. Tra mobili antichi e suppellettili, un orologio a cucù cattura la sua attenzione. È un pezzo massiccio, intarsiato con cura, un simbolo del passato che la nonna ha sempre custodito gelosamente.
Quando l’orologio tenta di battere le cinque e mezzo, emette un suono smorzato, come se qualcosa lo soffocasse. Questo strano rumore, così fuori posto in un ambiente altrimenti silenzioso, spinge Anastasia a investigare. Si avvicina all’orologio e, con delicatezza, lo apre per capire la causa del malfunzionamento.
All’interno, incastrato tra gli ingranaggi, c’è un piccolo foglietto di carta, vecchio e consunto. Con mani tremanti, Anastasia lo estrae. Le parole sono quasi illeggibili, ma un frammento si distingue chiaramente: “L’offus”. Anche se incompleto, il messaggio le fa correre un brivido lungo la schiena. Il termine sembra suggerire qualcosa di familiare e inquietante. Anastasia riflette sul biglietto, ma nessuna memoria le offre un contesto chiaro. L’oggetto le sembra importante, come se nascondesse un segreto legato a sua nonna o a qualcosa di più grande. Decisa a ottenere risposte, decide di visitare la nonna nella casa di cura dove vive. Con il foglietto riposto con cura nella tasca, Anastasia si prepara a lasciare la casa. La strada verso la verità sembra piena di ombre, ma il suo diapason, che vibra quasi impercettibilmente, le dà un senso di direzione e coraggio. La sua missione ora è scoprire cosa nasconde quel messaggio criptico e che ruolo ha la nonna in questo enigma.
Determinata a raggiungere sua nonna nonostante l’orario delle visite sia terminato, Anastasia escogita un piano audace. Decisa a spacciarsi per la nuova cuoca, entra dal retro della casa di cura Solaris, sfruttando un momento di distrazione del personale. Nella cucina, incontra Arturo, un inserviente corpulento e stanco che sta sistemando stoviglie e pentole. La guarda con sospetto e chiede bruscamente: “Che ci fai qui? Non dovresti essere al tuo posto?” Anastasia, mantenendo la calma, risponde con un sorriso sicuro: “Sono la nuova cuoca, mi hanno detto di venire qui per presentarmi.” Arturo sbuffa e borbotta qualcosa sul direttore amministrativo che sta aspettando proprio una nuova cuoca. Le indica con un gesto svogliato l’ufficio del direttore.
Anastasia raggiunge l’ufficio, dove il direttore amministrativo, Yazawa Elias, sta preparando i documenti per terminare la giornata e tornare a casa. Con un’aria severa ma curiosa, le fa cenno di entrare. “Sei tu la nuova cuoca? Sei arrivata in ritardo, non è un buon inizio. Fammi sentire le tue referenze,” dice asciutto, alzando lo sguardo solo per un istante. Anastasia, senza perdere la calma, comincia a raccontare con passione delle sue esperienze in cucina, inventando abilmente dettagli che mescolano ricordi d’infanzia e un pizzico di creatività. Mentre parla, menziona piatti particolari che sua nonna preparava quando era bambina. “Ad esempio, radici stratificate con agrumi e miele speziato… un piatto semplice, ma che ha sempre risvegliato sensazioni profonde,” dice con tono caloroso. Le parole colpiscono nel segno. Gli occhi del direttore si illuminano e un sorriso si apre sul suo viso. “Radici stratificate? È uno dei miei piatti preferiti! Sai, mi ricorda i sapori di casa,” confessa, apparentemente dimenticando la sua iniziale rigidità. Felice e conquistato dalla menzione del piatto, Yazawa si rilassa e decide di lasciarle campo libero. “Va bene, vai pure da Arturo e comincia il tuo turno. Io devo andare a cena,” dice, congedandola con un gesto gentile.
Anastasia lascia l’ufficio, ma invece di andare da Arturo, si addentra furtivamente nei corridoi della casa di cura. Le luci soffuse rendono l’atmosfera surreale, e il silenzio è interrotto solo dai passi lontani degli infermieri di turno. Con il foglietto consunto trovato nell’orologio ancora nella tasca, Anastasia si muove tra le stanze, cercando la nonna. Il suo diapason vibra debolmente, come se volesse guidarla, ma la sensazione di essere osservata cresce sempre di più. La determinazione di trovare risposte, però, è più forte di ogni esitazione. Ora, Anastasia è più vicina che mai a scoprire cosa si cela dietro il misterioso messaggio legato a “L’Offus.”
Mentre si muove incerta tra le porte numerate, una voce roca e tremante richiama la sua attenzione. “Sei tu? Sei mia nipote?” Anastasia, sorpresa, si ferma ed entra nella stanza da cui proviene la voce. Lì trova una donna anziana dai capelli argentei, visibilmente confusa, che la fissa con occhi pieni di speranza. “No, non sei mia nipote… ma forse mi puoi aiutare lo stesso,” mormora l’anziana, con un’espressione che mescola disperazione e aspettativa. La donna spiega che ha perso un oggetto a lei molto caro: un biglietto scritto tanti anni prima, che si trova nelle mani di Mira Watson, un’altra residente della casa di cura. Secondo l’anziana, Mira ha nascosto quel biglietto dentro un orologio a cucù, custodendolo come un segreto prezioso. Anastasia si blocca per un attimo, stringendo nella tasca il foglietto che lei stessa aveva trovato poco prima nell’orologio della nonna. Non rivela nulla alla donna, temendo che ci sia qualcosa di più grande in gioco. Con un sorriso rassicurante e una promessa vaga, lascia la stanza e riprende il suo cammino verso quella che ora sente come l’unica fonte di risposte: sua nonna.
Finalmente, Anastasia raggiunge la stanza della nonna, che la accoglie con un sorriso e un abbraccio affettuoso. La giovane le mostra il biglietto e le chiede spiegazioni. La nonna, visibilmente commossa, ammette che quel biglietto è legato a un segreto familiare e agli eventi oscuri che coinvolgono Solaria. Tuttavia, si dice troppo stanca per spiegare tutto in quel momento e invita Anastasia a tornare il giorno seguente per avere risposte più dettagliate.
Anastasia lascia la stanza con il cuore colmo di domande, consapevole che quel pezzo di carta è molto più di un semplice ricordo. Fuori dalla stanza della nonna, sente di nuovo il suo diapason vibrare debolmente, come un eco lontano, presagio di nuove scoperte e sfide imminenti.
La disputa di Lyrien
Mentre ascolta le parole di Erich, Alma è sopraffatta dai ricordi. Durante la sua infanzia difficile, quando viveva per strada tra altri piccoli orfani e ladruncoli, Erich si era guadagnato la reputazione di essere spietato nei confronti dei poveri e degli emarginati. Lui non la riconosce, ma lei ricorda con nitidezza la crudeltà con cui trattava i più deboli.
Alma arriva a Lyrien, una città vivace e caotica, nota per i suoi contrasti politici e sociali. Nel cuore della città, nella grande piazza, si sta svolgendo una disputa accesa tra due fazioni cittadine, ciascuna capeggiata da una figura carismatica. Si tratta della controversia sulla “Legge delle Tre Fronde,” un decreto che mira a regolamentare l’uso delle risorse naturali della regione. Il dibattito è tra Lothar Vinetti, un politico conservatore, e Helena Savoris, una giovane idealista. Da un lato Lotar, un anziano politico, è determinato a incrementare la redditività delle produzioni agricole, sostenendo piani ambiziosi ma rischiosi per la città. Dall’altro lato, Helena guida una fazione contraria, che intende manetener una produzione più naturale e sostenibile.
Nel frattempo il giovane e spregiudicato Erich de Noir, noto per la sua retorica pungente e le sue ambizioni personali, si avvicina ad Alma, alle sue spalle dicendole “Manchi da molto. Dove sei stata in tutti questi anni? Hai forse dormito a lungo?”. La presenza di Erich fa vibrare con forza il diapason di Alma, un segnale chiaro della minaccia latente che rappresenta. Per evitare un confronto diretto con Erich, Alma decide di sfuggirgli e dirigersi verso il centro della piazza, dove un microfono è posizionato per i discorsi pubblici. Con passo deciso, sale sul palco e si rivolge alla folla. La sua voce, forte e calma, risuona nella piazza:
“Portate pazienza, cittadini di Lyrien. Tra pochi giorni accadrà un evento importante e potente, qualcosa che chiarirà i vostri dubbi e mostrerà la strada più saggia da seguire per il futuro della nostra agricoltura. Abbiate fiducia e preparatevi a ciò che sta per venire.”
Le sue parole suscitano mormorii tra la folla. Alcuni iniziano a discutere animatamente, chiedendosi cosa possa essere questo evento annunciato. I cittadini più influenti della città, compresi nobili e rappresentanti delle corporazioni agricole, non confermano né smentiscono apertamente le parole di Alma, alimentando ulteriormente le speculazioni. La folla, già tesa, si spacca tra chi dà credito alla dichiarazione di Alma e chi la ritiene una trovata per sviare l’attenzione, ma tutto ciò contribuisce alla frammentazione e al disperdersi della tensione tra le due singole fazioni.
Mentre Alma scende dal palco, si mescola alla folla per ascoltare le reazioni. Tuttavia, un volto familiare emerge tra la gente: Rufus, un ladruncolo che un tempo faceva parte del gruppo con cui Alma viveva per strada. Rufus, incredulo, la riconosce: “Alma? Sei davvero tu? Pensavo fossi sparita per sempre!” La sua voce spezza il brusio della piazza e attira l’attenzione su di lei. Alma capisce che il suo passato sta tornando a galla, e deve decidere come gestire la situazione, bilanciando la necessità di mantenere il suo ruolo di guida con i legami che la legano a una vita che pensava di aver lasciato alle spalle.
La sala del consiglio
Nel frattempo nel palazzo dell’ombra di Altaluna una stanza è avvolta da una sinistra penombra, con muri di alabastro che sembrano pulsare al ritmo di un respiro lento e profondo. Intorno a un tavolo circolare di onice nero, alcuni personaggi siedono nelle loro sedie scolpite, ognuna diversa per rappresentare una regione di provenienza. Al centro del tavolo, una sfera grigia proietta ombre irregolari sulle pareti.
Eryas di Lyrien:
(con tono allarmato)
“Non c’è dubbio, ho sentito la vibrazione. Tre note, distinte, chiare. I diapason si stanno risvegliando.”
Velandra di Altaluna:
(fredda e riflessiva)
“Lo stesso è accaduto qui. Una risonanza che ha attraversato i miei pensieri come un lampo. Ma perché ora? Dopo decenni di silenzio?”
Torvak di Mikopal:
(colpendo il tavolo con il pugno)
“Perché qualcuno ha osato sfidare l’ordine che abbiamo imposto! Questi… risvegliati, o chiunque siano, stanno attivando forze che non comprendono. Dobbiamo fermarli prima che sia troppo tardi.”
Lethar di Xeos:
(sorridendo con un’aria cinica)
“Fermarli? E come pensi di farlo, Torvak? Entrando nel cratere e strappando i loro giocattoli? No, dobbiamo essere più sottili. La forza bruta non ci servirà.”
Velandra:
(guardando Lethar con occhi freddi)
“La forza bruta è sempre stata il tuo stile, Torvak, ma Lethar ha ragione. Non possiamo agire apertamente. I diapason risvegliano la luce… e noi siamo ombra. Dobbiamo spegnerli nel silenzio.”
Eryas:
(annuendo lentamente)
“Se queste note continuano a risuonare, Solaria potrebbe ricordare ciò che ha dimenticato. Le tradizioni, le cerimonie… il rituale della Luce. Questo non possiamo permetterlo.”
Velandra:
(con tono perentorio)
“Il velarium deve essere potenziato. Le zone offuscate devono espandersi. Più nebbia nelle menti di questa gente, meno possibilità avranno di comprendere ciò che accade. È così che li teniamo sotto controllo.”
Torvak:
(con una smorfia)
“E se non bastasse? Se i risvegliati trovassero il modo di unire le loro note?”
Lethar:
(ridendo sommessamente)
“Allora sarà la fine per noi, caro Torvak. Ma non accadrà. Ho già inviato i miei messaggeri. Inizieremo a creare divisioni. I risvegliati si distruggeranno tra loro, confusi, divisi, manipolati. È nella loro natura, dopo tutto.”
Eryas:
(scrutando la sfera di velarium al centro del tavolo)
“Ma non dimentichiamo Ku. Quella farfalla maledetta… Non siamo ancora riusciti a capire il suo legame con i diapason. Potrebbe complicare tutto.”
Velandra:
(con voce carica di disprezzo)
“Ku è un’ombra del passato, nulla più. Il nostro vero nemico è la memoria. Dobbiamo fare in modo che non abbiano il tempo di ricordare.”